martedì 27 ottobre 2015

La ragione vera dei grandi fallimenti del sistema cooperativo emiliano.


E’ notizia di ieri l’ultimo fallimento di una grande cooperativa edile. E’ l’ennesima crisi di una importante cooperativa del sistema emiliano, che tra fallimenti, concordati fallimentari e crisi aziendali conclamate sta espellendo migliaia di persone e distruggendo i patrimoni di decine di miglia di soci “prestatori”. Ora gli amici del sistema Coop continueranno a dire che sono casi singoli, i detrattori che il sistema della cooperazione è inefficiente e troppo legato alla politica. Non mi interessa entrare in queste diatribe. Certo quando una azienda fallisce dietro ci sono anche errori gestionali e inefficienze, ma quando è un intero sistema forse è giunta l’ora di porsi domande più serie.


Andiamo al cuore del problema:

  1. Le COOP lavorano quasi esclusivamente per il mercato interno. Vorrei far riflettere i nostri politici (molti dei quali provenienti dal sistema cooperativo siedono oggi sui banchi del governo) che la gran parte delle produzioni di beni e servizi prodotti dal sistema cooperativo sono venduti sul mercato interno. Del tutto residuale è la produzione esportata. La stragrande maggioranza delle coop opera nel settore edile, nei servizi (alle persone e alle aziende) e nella distribuzione commerciale. 
  2. La politica di austerità della UE a guida tedesca ha distrutto il mercato interno Italiano. In conseguenza di ciò, tutti settori in cui operano le Coop hanno sofferto e continuano a soffrire in maniera immensa a causa delle politiche di austerità che la UE ha imposto all’Europa dall’introduzione prima dello SME e poi dell’Euro. Tutte le statistiche e tutti gli indicatori macroeconomi indicano che i trend di sviluppo in cui l’Italia era inserita si sono prima attenuati con l’introduzione dello SME (Sistema Monetario Europeo)e poi si sono invertiti, diventando drammaticamente negativi dal 2.000 in poi.
  3. Tutti gli attori privati e cooperativi presenti nei settori trainati dal “mercato interno” sono entrati in crisi, ovviamente il settore cooperativo, quasi esclusivamente legato al mercato interno è quello che ha sofferto di più di questa situazione.
  4. Ora piccoli politici e assessoruncoli privi di cultura economica si scambieranno accuse strumentali. Altri chiederanno la difesa dei posti di lavoro (già meglio, ma non sufficiente). Tutto questo chiacchiericcio servirà solo a coprire il vero problema: la UE e l’Italia devono far ripartire il mercato interno. 
  5.  E’ necessario una radicale cambiamento della politica economica UE  e di quella italiana. E’ necessario un grande piano di sviluppo, un grande piano “Marshall Europeo” che faccia ripartire i mercati interni dei paesi UE. Un grande piano che ad esempio potrebbe mettere al centro investimenti nel settore delle energie rinnovabili, nella conservazione e messa in sicurezza ambientale e i servizi alla persona a cominciare dalla scuola.
  6. Le ricadute di un tale piano andrebbero su tutti (imprese private e cooperative e soprattutto a beneficiarne sarebbe l’occupazione)
  7. Alcuni industriali, proprietari di imprese che esportano 80/90% del loro fatturato penseranno che sono pazzo: certo anche io potrei fare decine di esempi di aziende emiliane che esportano e che guadagnano, ma nessun sistema economica può reggersi solo sull’Export, (nemmeno quello tedesco). Il motivo è semplice, per esportare sempre ci vogliono altri paesi che importano sempre e questo viola una legge fisica fondamentale: l’equilibrio dei mercati nel lungo termine, ciò che funziona per la singola impresa non può funzionare per uno stato. 
  8. In conclusione, se vogliamo sistemare il settore edile, la distribuzione commerciale, i servizi interni dobbiamo riformare i trattati UE (abolire Maastricht, riformulare lo statuto della BCE, abolire lo stupidissimo e inapplicabile Fiscal Compact) o come estrema conseguenza uscire dall’Euro. Altrimenti fra qualche mese staremo qui a dolerci per un altro fallimento e miglia di posti di lavoro persi.



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