Il FMI sottomette l'Indonesia |
"Un'immagine
vale più di mille parole e una fotografia del 98 e poi circolata in tutto
il mondo, si è impressa negli occhi di milioni di persone, in particolare degli
abitanti delle ex colonie. Michel Camdessus, direttore generale dell'FMI, ex
burocrate del Tesoro francese, di bassa statura ed elegantemente vestito, che
una volta si dichiarava socialista, è in
piedi, lo sguardo torvo e le braccia conserte, e incombe su un presidente
dell'Indonesia seduto e umiliato, costretto a cedere all'FMI la sovranità
economica del suo paese in cambio dell'aiuto di cui aveva bisogno. Alla fine,
ironia della sorte, gran parte dei fondi è servita non per aiutare l'Indonesia,
ma per salvare i creditori privati delle potenze coloniali.
(Ufficialmente, la «cerimonia» riguardava la firma di una lettera d'intenti,
imposta dall'FMI, nonostante spesso si finga che simili iniziative provengano
dal governo del paese aiutato). (vi ricordate la lettera di Olly Rehn all'Italia ndr)
I difensori
di Camdessus sostengono che la pubblicazione della foto è stata sleale perché
lui non sapeva che gli veniva scattata e perché è stata estrapolata dal
contesto. Ma il punto è proprio questo: nei rapporti quotidiani, lontani da
telecamere e giornalisti, i burocrati dell'FMI assumono esattamente quel tipo
di atteggiamento, dal capo dell'istituzione fino ai livelli piti bassi
dell'organigramma. Nei cittadini dei paesi in via
di sviluppo, l'immagine ha sollevato un quesito inquietante: le cose erano
davvero cambiate dopo la fine «ufficiale» del colonialismo avvenuta mezzo
secolo fa? Nel vedere quell'immagine, mi vennero in mente le firme di altri
«accordi». Mi chiesi quali e quante fossero le analogie di tale scena con
quelle delle intese che portarono all'«apertura del Giappone»
attraverso la politica delle cannoniere dell' ammiraglio Perry o la fine della
guerra dell'oppio o la resa dei marajà indiani.
La
posizione dell'FMI, come quella dei suoi leader, era chiara: esso era fonte di
saggezza, dispensatore di un' ortodossia troppo sottile perché i paesi in via
di sviluppo potessero capirla. Il messaggio trasmesso era fin troppo evidente:
nella migliore delle ipotesi c'era un appartenente a un'élite - un ministro
delle Finanze o il governatore di una banca
centrale - con cui il Fondo poteva intrattenere un dialogo significativo. Al
di fuori di questa cerchia, non aveva nemmeno senso cercare di parlare."
Quello appena citato, non l'ho scritto io, ma il Premio Nobel per l'Economia Joseph Stigliz nel suo libro "La globalizzazione e i suoi oppositori" (versione italiana pubblicata nel 2003 pag 40) .
E' evidente che le analogie con quanto sta accadendo oggi alla Grecia, all'Italia e alla Spagna e al Portogallo sono evidenti. Al Posto di Camdessus abbiamo la Merkel e la Lagarde o dei burocrati alla Olly Rehn, ma la ricetta è la stessa, i sacrifici inutili, gli impegni da sottoscrivere, i gioielli di famiglia da vendere ...... tutto fa pensare ad un copione già visto.
Un copione che porta alla distruzione degli stati che sono costretti a sottoscriverlo.
Meditiamo! E poi........ ribelliamoci!
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