martedì 17 dicembre 2013

La priorità è sempre la stessa: bisogna cambiare la politica economica UE. Tutto il resto sono chiacchiere!

Questa settimana Renzi ha conquistato la scena. tutti ne parlano, tutti lo lodano, moltissimi si accodano. Complimenti sinceri al nuovo segretario del PD.
Ma nulla di sostanziale è cambiato per l'Italia e gli Italiani. Il vero macigno che ci trascina negli abissi è Bruxelles. Per riavviare lo sviluppo in Italia e ridare un futuro ai nostri giovani le cose da fare in estrema sintesi sono le seguenti:
- Cambiare lo statuto della BCE e riscriverle la sua mission rendendola simile alla FED degli Stati Uniti
- Cambiare i parametri del trattato di Maastricht e rendere possibili prolungate manovre espansive
- Rivedere completamente la politica UE in termini di import export verso Cina, India e altri paesi (chiedendo con forza strumenti bilaterali che permettano un riequilibrio delle nostre bilance commerciali).

La riduzione dei costi della politica proposto da Renzi (1 MLD) è lo 0,12% della nostra spesa pubblica. oppure è lo 1,17% della nostra spesa per interessi sul debito.
Intendiamoci, è giustissimo azzerare le Province e ridurre gli enti, ma se non affrontiamo i nodi veri la ripresa sarà solo una chimera.

Per affrontare i nodi della politica UE  i passaggi sono chiarissimi:

  1. Proporre alleanze a Spagna, Francia e altri paesi per trattare da un punto di forza con la Germania un cambiamento sostanziale dei trattati UE (minacciando la nostra uscita dall'Euro)
  2. Per rendere credibile la minaccia bisogna preparare (in segreto e insieme a Bankitalia) tutte le azioni per essere pronti a pilotare l'uscita dall'Euro (rete di salvataggio per le banche, chiarezza su tutti i passaggi da attuare nelle ore successive all'uscita..... un vero e proprio piano B preciso e definito nei minimi particolari) 
  3. Un patto di non belligeranza tra le maggiori forze politiche italiane (questo è essenziale, perchè dall'estero continueranno a far di tutto per indebolire la leadership italiana facendo leva sulle nostre divisioni interne) 
Senza di questo anche Renzi, come Ciampi, Prodi, Berlusconi, Dini,  Amato, D'Alema, Monti e Letta  si impantanerà nel disatro annunciato dell'Italia. Vorrei ricordare che il problema Italico non è il governo (dal 1993 abbiamo avuto 8 diversi presidenti del Consiglio, e il Centro Sinistra da solo o dentro governi istituzionali ha governato l'Italia per 3629 giorni, mentre Berlusconi ha governato solo, con il PDL o con la Lega Nord per 3292 giorni.
Quindi negli ultimi 20 anni abbiamo avuto 52,5% del tempo di governi gestiti con premier del CSX (Prodi, Amato, D'Alema., Letta) o con il CSX che sosteneva Governi del Presidente (Ciampi, Dini, Monti) e 47,5% del tempo con Governi di Berlusconi. 
Non mi sembra che ci sia stato una differenza sostanziale nei risultati macro delle  politiche economiche dei due poli. Tutti appena arrivavano al potere promettevano grandi cambiamenti, e novità. Così Berlusconi, così Bossi, e allo stesso modo il PDS/Ulivo di Prodi. Abbiamo avuto partiti completamente nuovi che prima non esistevano (Forza Italia, Lega, IDV, 5Stelle, Sel), o profondamente rinnovati PCI/PDS/PD (altri partiti storici sono completamente spariti DC, PSI, PRI, PLI, AN) 
Non si può dire che la politica sia stata statica negli ultimi 20 anni, ma se andiamo a comparare l'andamento nel lungo termine della nostra produzione industriale vediamo che sostanzialmente è sempre cresciuta fino all'entrata nello SME, poi è cominciata a decrescere. 
Abbiamo ripreso a crescere al momento della uscita dallo SME (1993) e la Produzione industriale è cresciuta fino all'entrata nell'Euro (2000), poi il disastro, all'inizio strisciante ( anche perchè nei primi anni l'Euro si svalutò verso il dollaro) poi dirompente dopo la crisi del 2007/2009. Con un calo della produzione industriale di oltre il 25%. Tassi di decrescita visti solo in tempo di guerra. Nello stesso tempo la produzione industriale tedesca esplodeva. 
Ora possiamo perpetrare il giochino televisivo del partito nuovo o del leader nuovo approfittando del fatto che la maggior parte della popolazione non ha memoria storica e tanto meno mette in relazione l'Economia con la storia. Quindi possiamo raccontare la favola dell'evasione fiscale  o dei costi della politica e spingere il malcontento verso questi obiettivi e su questo far leva, ma il gioco durerà poco (l'evasione c'era anche prima del 2.000 e lo stesso si può sostanzialmente dire per i costi della politica). Certo è doveroso ridurli e migliorare il sistema, ma questo dal punto di vista macroeconomico darà contributi quasi nulli all'economia (al massimo contribuirà ad un riequilibrio interno dei redditi). 
Con la caduta del muro i grandi ingranaggi della storia si sono rimessi in moto. Ora la nostra politica economica non dipende più da noi ma da un gruppo di burocrati che prendono ordini da Berlino. Il vero spread che dovremmo studiare è l'indice della Produzione Industriale e il divario crescente con quella tedesca. La politica UE/BCE indipendentemente dai diversi governi italiani sta progressivamente distruggendo il nostro sistema industriale (agricoltura e servizi compresi) a vantaggio di quello tedesco. Gli indicatori storici sono evidentissimi e la crisi è tutt'altro che finita, stiamo assistendo in questi giorni a una timida stabilizzazione in attesa di ulteriori cali. 
L'unica vera exit stategy per lo sviluppo parte dalla consapevolezza che l'Italia è ancora un grande paese e i leader italiani devono ricominciare a far valere le nostre ragioni a livello internazionale con le opportune alleanze. Obiettivo è rinegoziare i trattati UE, Tutto il resto sono chiacchiere di breve durata.


2 commenti:

  1. Come implicitamente affermi, il primo obiettivo è cambiare questa classe politica. Se non cambia il personale politico, non v'è speranza per questo paese.

    Vi sono solo tre opzioni (o comunque sono le principali).
    La prima: continuare come con le attuali politiche economiche, fallimentari per il paese (come hai ben descritto), e temo che sia la più probabile.
    La seconda: riuscire a costruire un blocco sufficientemente forte che imponga alla Germania e ai suoi alleati le modifiche che hai indicato. Vi sono due limiti, uno interno e l'altro esterno. Quello interno riguarda appunto questa classe politica, per lo più incapace e inetta, e tutt'ora imbevuta dalla sacralità dell'euro (dubito che il governo pensi a un piano B, mentre è auspicabile che si prepari in Banca d'Italia (???)). Il limite esterno è che i francesi non accetteranno mai di far parte di coloro che devono dichiarare il proprio "fallimento".
    Il che conduce alla terza opzione: l'uscita unilaterale. Nessuno la vuole tra le attuali maggiori forze politiche. Temo tuttavia che se la situazione non migliorerà abbastanza in fretta (e non vi è nulla che lasci pensare che sia iniziata la tanto decantata ripresa) potremmo trovarci a prendere questa decisione del tutto impreparati (salvo che Banca d'Italia abbia il piano B e lo imponga alla classe politica, con annessi problemi di democraticità).

    Ecco perché è necessario una nuova classe politica che sia disposta a ridiscutere tutto, ma proprio tutto, quanto fatto in Europa e in Italia. Non mi piacciono i tecnocrati più o meno diretti da Bruxelles; ma sarebbe un vulnus affidarsi ad altri tecnocrati più o meno "buoni".

    Serve una rivoluzione culturale. Bisogna passare dal sistema tolemaico che pone al centro del sistema l'euro e il pareggio di bilancio a quello copernicano che colloca in posizione centrale l'obiettivo della piena occupazione. E se per raggiungere questo obiettivo è necessario che gli strumenti di politica economica siano ripensati come se fossero dei pianeti che ruotano intorno al sole (della piena occupazione) non si dovrà aver timore ad utilizzarli tutti (sovranità monetaria, tassi di interesse, svalutazione, controllo dei movimenti dei capitali, dazi o accordi commerciali, investimenti pubblici, tutela dei redditi reali). Forse in giro c'è il Galileo della situazione. Ma per la Chiesa (dominante) e i suoi fedeli i "testi sacri" non si possono mettere in discussione. Dubito tuttavia che passeranno secoli prima che si prenda atto che il sacro euro così come è stato scritto a Maastricht non funziona nella realtà.

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  2. Ciao Giorgio. Sempre commenti lucidissimi i tuoi. E anche velocissimi, sto ancora mettendo a posto l'impaginazione dell'articolo. In ogni caso siamo in 2, più qualche centinaio di amici saggi in giro per l'italia e qualche professore illuminato. Tutto il resto del mondo che conta si accoda al verbo dominante. Gli artigiani, le PMI e tutte le imprese che non esportano oltre l'80% del fatturato stanno soffrendo insieme a tutto il commercio e al mondo agricolo. Questi la crisi la vivono ogni giorno e sono sempre più arrabbiati. Ma a Roma non se ne rendono conto, non vogliono rendersene conto, ascoltano Saccomanni. A me ricordano gli ultimi momenti della "belle epoche". Si sa come finì!

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