E’ notizia di ieri l’ultimo fallimento di una grande
cooperativa edile. E’ l’ennesima crisi di una importante cooperativa del
sistema emiliano, che tra fallimenti, concordati fallimentari e crisi aziendali
conclamate sta espellendo migliaia di persone e distruggendo i patrimoni di
decine di miglia di soci “prestatori”. Ora gli amici del sistema Coop
continueranno a dire che sono casi singoli, i detrattori che il sistema della cooperazione
è inefficiente e troppo legato alla politica. Non mi interessa entrare in
queste diatribe. Certo quando una azienda fallisce dietro ci sono anche errori
gestionali e inefficienze, ma quando è un intero sistema forse è giunta l’ora
di porsi domande più serie.
Andiamo al cuore del problema:
- Le COOP lavorano quasi esclusivamente per il mercato interno. Vorrei far riflettere i nostri politici (molti dei quali provenienti dal sistema cooperativo siedono oggi sui banchi del governo) che la gran parte delle produzioni di beni e servizi prodotti dal sistema cooperativo sono venduti sul mercato interno. Del tutto residuale è la produzione esportata. La stragrande maggioranza delle coop opera nel settore edile, nei servizi (alle persone e alle aziende) e nella distribuzione commerciale.
- La politica di austerità della UE a guida tedesca ha distrutto il mercato interno Italiano. In conseguenza di ciò, tutti settori in cui operano le Coop hanno sofferto e continuano a soffrire in maniera immensa a causa delle politiche di austerità che la UE ha imposto all’Europa dall’introduzione prima dello SME e poi dell’Euro. Tutte le statistiche e tutti gli indicatori macroeconomi indicano che i trend di sviluppo in cui l’Italia era inserita si sono prima attenuati con l’introduzione dello SME (Sistema Monetario Europeo)e poi si sono invertiti, diventando drammaticamente negativi dal 2.000 in poi.
- Tutti gli attori privati e cooperativi presenti nei settori trainati dal “mercato interno” sono entrati in crisi, ovviamente il settore cooperativo, quasi esclusivamente legato al mercato interno è quello che ha sofferto di più di questa situazione.
- Ora piccoli politici e assessoruncoli privi di cultura economica si scambieranno accuse strumentali. Altri chiederanno la difesa dei posti di lavoro (già meglio, ma non sufficiente). Tutto questo chiacchiericcio servirà solo a coprire il vero problema: la UE e l’Italia devono far ripartire il mercato interno.
- E’ necessario una radicale cambiamento della politica economica UE e di quella italiana. E’ necessario un grande piano di sviluppo, un grande piano “Marshall Europeo” che faccia ripartire i mercati interni dei paesi UE. Un grande piano che ad esempio potrebbe mettere al centro investimenti nel settore delle energie rinnovabili, nella conservazione e messa in sicurezza ambientale e i servizi alla persona a cominciare dalla scuola.
- Le ricadute di un tale piano andrebbero su tutti (imprese private e cooperative e soprattutto a beneficiarne sarebbe l’occupazione)
- Alcuni industriali, proprietari di imprese che esportano 80/90% del loro fatturato penseranno che sono pazzo: certo anche io potrei fare decine di esempi di aziende emiliane che esportano e che guadagnano, ma nessun sistema economica può reggersi solo sull’Export, (nemmeno quello tedesco). Il motivo è semplice, per esportare sempre ci vogliono altri paesi che importano sempre e questo viola una legge fisica fondamentale: l’equilibrio dei mercati nel lungo termine, ciò che funziona per la singola impresa non può funzionare per uno stato.
- In conclusione, se vogliamo sistemare il settore edile, la distribuzione commerciale, i servizi interni dobbiamo riformare i trattati UE (abolire Maastricht, riformulare lo statuto della BCE, abolire lo stupidissimo e inapplicabile Fiscal Compact) o come estrema conseguenza uscire dall’Euro. Altrimenti fra qualche mese staremo qui a dolerci per un altro fallimento e miglia di posti di lavoro persi.
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